Questo
libro è quella poesia senza rime che ti spedisce in mezzo
all'Oceano, su una nave dove una volta abitava un pianista,
Novecento, che aveva ondeggiato sul mare per tutta la vita.
“Il
mondo, magari, non l'aveva visto mai. Ma erano ventisette anni che il
mondo passava su quella nave: ed erano ventisette anni che lui, su
quella nave, lo spiava. E gli rubava l'anima.”
La sua
musica era celestiale. Non la potrai sentire con le orecchie e non
potrai riconoscerne le note, ma la proverai. Quella musica ti suonerà
nell'anima e, tasto dopo tasto, ti sembrerà vibrare nell'aria che
respiri.
Di
citazioni di questo monologo, in giro, ce ne sono a valanghe.
Leggendo il romanzo mi sembrava, addirittura, di averlo già letto.
Eppure, c'è qualcosa di speciale. Tra le righe ci trovi un mondo che
puoi costruire soltanto assaporando dalla prima all'ultima parola.
Il
Virginian rimarrà nella vostra mente. Questa maestosa nave sarà
l'immagine che ritroverete davanti agli occhi. E dentro ci sarà un
pianoforte, lo vedrete.
E poi,
se sarete proprio bravi, vi porterete dietro anche qualche melodia.
È il
primo libro di Alessandro Baricco che leggo e dare un'opinione su di
lui come scrittore sarebbe sciocco e affrettato. Sicuramente leggerò
qualche altro libro nato dalla sua penna e avrò un'idea più chiara
da poter condividere.
Pensando
al monologo protagonista di questa recensione, posso dire che parole
semplici, a volte parolacce, sono scivolate davanti ai miei occhi una
dopo l'altra trasmettendo emozioni diverse come sgomento, tensione,
ma anche un certo divertimento.
“Poi
rimaneva lì, immobile come se avesse dovuto entrare in una
fotografia, con la faccia di uno che l'aveva fatta lui, l'America”.
L'ho
letto d'un fiato, letteralmente. D'altronde, non è lunghissimo.
Vi
consiglio di ritagliarvi un paio d'ore e di leggerlo così,
dall'inizio alla fine.
Stupendo.
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